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Nel mondo grande e terribile (2017)

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Nel mondo grande e terribile (2017)



Regia/Director: Laura Perini, Maria Grazia Perria, Daniele Maggioni
Soggetto/Subject: Laura Perini, Maria Grazia Perria
Sceneggiatura/Screenplay: Laura Perini, Maria Grazia Perria
Interpreti/Actors: Corrado Giannetti (Antonio Gramsci), Lorenzo Cossu (Nino), Anita Kravos (Tatiana), Maryna Bondarenko (Giulia), Fausto Siddi (Gustavo Trombetti), Senio Dattena (Nicolaj Bucharin)
Fotografia/Photography: Paolo Carboni
Musica/Music: Massimo Ferra
Costumi/Costume Design: Stefania Grilli, Salvatore Aresu
Scene/Scene Design: Pietro Rais
Suono/Sound: Piergiuseppe Fancellu
Montaggio/Editing: Daniele Maggioni, Andrea Lotta
Produzione/Production: Terra de Punt di Salvatore Cubeddu
censura: 111870 del 22-02-2017
Trama: In una lettera da Turi alla cognata Tatiana Schucht, del 30 gennaio 1933, Antonio Gramsci, gravemente sofferente, consapevole di essere ormai entrato in una fase drammatica della sua vita carceraria al punto che le sue forze di resistenza stanno per crollare, ricorda un episodio terribile della sua infanzia che, alla luce di ci. che gli accadde in seguito, appare come un lugubre presagio. Aveva circa otto o nove anni. La madre, che per arrotondare il magro bilancio familiare cuciva e ricamava, lo aveva mandato a consegnare dei lavori all'uncinetto presso una signora. Antonio aveva incontrato la donna fuori di casa e lei gli aveva chiesto di accompagnarla in un campo vicino, dicendogli che al ritorno gli avrebbe dato i soldi. Lo aveva condotto fuori dal paese, in un orto con annessa una porcilaia, una costruzione bassa, di un metro e venti, chiusa da una porta molto robusta. Dentro c'era una ragazzo di circa 18 anni, suo figlio, che emetteva lamenti disumani. Era legato con una catena alla cintola e non riusciva neppure a stare in piedi, tant'è che si spostava saltellando sul sedere. La donna aveva versato del mangime misto a degli avanzi di casa in un truogolo di pietra e il ragazzo si era buttato sul cibo. Antonio non riuscì allora a raccontare a nessuno della sua famiglia quell'episodio, temendo di non essere creduto. L'immagine di quel ragazzo imprigionato lo perseguitò a lungo. E forse tornò a tormentarlo nel momento in cui fu privato della sua libertà, quando oltre alla prigione del carcere sentì anche quella, ancora più cocente e dolorosa, in cui avevano contribuito a rinchiuderlo le persone che avrebbero dovuto fargli sentire meno l'isolamento. Gramsci, infatti, si sentì vittima di una "duplice condanna", come l'ha definita la psichiatra e professoressa cagliaritana, Nereide Rudas, affrontando alcuni aspetti della complessa personalità di questo grande pensatore. Riassumere il pensiero e la vita di Antonio Gramsci è impresa complessa e difficile, che deve tener conto di molteplici varianti: l'ambiente in cui è cresciuto, l'orizzonte storico e sociale, il clima politico, le caratteristiche individuali e biologiche delle sua personalità, le condizioni in cui si è venuto a trovare negli ultimi anni di vita. Ogni aspetto interagisce con gli altri in modo dialettico e organico. Il filmato Nel mondo grande e terribile racconta Gramsci attraverso le Lettere, i Quaderni e alcune testimonianze, durante gli ultimi dieci anni della sua vita, in cui appunto si è venuto a trovare in carcere. Un carcere duplice: materiale, concreto ma anche intangibile, immaginario e che nonostante tutto, non gli ha impedito di lasciare una traccia indelebile del suo originale pensiero. In un lunghissimo corridoio vuoto con porte metalliche che si aprono e si chiudono e un vociare indistinto, Antonio Gramsci fa il suo ingresso nel luogo di detenzione (uno generico, non identificabile e che li riassume tutti). Ha le catene ai polsi e porta una federa di lino grezza con i suoi effetti personali. Al suo fianco un giovane secondino sardo, con cui ogni tanto parla nella sua lingua natia e che gli usa qualche riguardo. E l'inizio del suo percorso carcerario. Gramsci è ancora pieno di forza, reattivo, determinato a non lasciarsi abbattere dalle circostanze. Fa progetti. Il suo è, all'inizio, un isolamento fisico, non ancora morale. Vede intorno a sé uomini vinti dall'abulia forzata, abbrutiti. Lui è convinto che resisterà. Fa piani per occupare fruttuosamente il suo tempo. Neppure la dura condanna a più di vent'anni inflittagli dal Tribunale Speciale riuscirà a abbattere l'ottimismo della sua volontà. Anzi, progetta di fare qualcosa fur ewig, che duri nel tempo, qualcosa che lasci una traccia perenne. Intanto ha iniziato un lungo epistolario con la cognata Tatiana, che andrà avanti fino alla fine, tra momenti di grande tenerezza e altri di grande collera. Quasi unico collegamento col mondo esterno, unico tramite tra lui e la famiglia, tra lui e la moglie e i figli, tra lui e il partito. I momenti di monotona vita nel carcere si mischiano alla scrittura delle lettere, all'elaborazione dei quaderni, ai ricordi. Come evocati dalla sua memoria si materializzano i personaggi della sua infanzia: l'amata madre Peppina, che cuce e recita filastrocche per allietare i figli, che gli corregge i compiti, il padre Ciccillo, i fratelli e le sorelle, tra cui spicca la sua preferita, Teresina. I primi ricordi d'infanzia iniziano con il trasferimento della famiglia da Sorgono a Ghilarza, in seguito alle vicissitudini del padre, condannato e incarcerato per un ammanco nell'Ufficio del Registro di cui era responsabile, quando il piccolo Nino aveva solo sette anni. Ai bambini più piccoli non viene detto nulla, per non turbarli, ma da quel momento in poi la vita della famiglia, fino a allora benestante, si farà difficile e piena di ristrettezze, segnando in modo indelebile la coscienza del piccolo Gramsci. Finite le scuole elementari, Nino sarà costretto a smettere di studiare, lui cos. bravo e diligente, e a andare a lavorare all'Ufficio del Catasto, trasportando registri pesantissimi, che di notte lo fanno piangere dai dolori. E ancora lui, Nino, che racconta, appeso e oscillante a una trave del soffitto, come fosse, a quattro anni, quasi morto e resuscitato, a causa della sua malattia. E che in quell'occasione la madre gli aveva fatto fare una piccola bara e un vestitino bianchi, che poi erano stati conservati per anni. Lo tenevano appeso con un corpetto a delle cinghie fissate al soffitto per correggere la malformazione ossea che si era manifestata quando aveva solo pochi anni. Nonostante la malattia era per. un bambino vispo e intelligente, capace, ancora piccolo, di riconoscere e sapere indicare su una mappa il suo paese, le principali città d'Italia e con un'idea precisa delle coordinate spazio-temporali. Insieme ai ricordi d'infanzia se ne confondono altri più recenti: soprattutto episodi della sua vita politica, vissuta da protagonista. Gli anni di Torino, la redazione di Ordine Nuovo, il giornale che aveva fondato insieme a Tasca e a Togliatti. Le lotte operaie rivivono attraverso brani di articoli di Gramsci di quegli anni e la testimonianza di un giovane operaio che lo ha conosciuto e sul quale il dirigente sardo ha lasciato un ricordo indelebile. C'è anche spazio per l'amarezza per la direzione che va prendendo in quegli anni difficili il Partito Comunista italiano e quello sovietico in particolare. Non ne parla mai apertamente, ma tra le righe si intuisce il sospetto che qualcuno trami alle sue spalle e lo voglia emarginare. Una strana lettera, speditagli da Ruggero Grieco, lo ossessiona. Ha il sentore che qualcuno lo voglia incastrare e tenere in galera il più a lungo possibile. Teme che dietro quella strana lettera ci siano i russi, che siano stati loro a suggerire a Grieco le parole contenute nella missiva per incastrarlo. Nel filmato ci siamo immaginati una messa in scena che renda visivo lo "scontro" di pensiero politico tra Gramsci e l'ideologia sovietica dell'epoca. Un ristretto manipolo di membri della direzione del partito bolscevico si aggira nei ballatoi, seguiti a ruota da Nikolaj Bucharin. Gramsci cerca di richiamare l'attenzione del gruppetto, li rimprovera, di deludere, con la loro condotta e le loro pratiche scissionistiche, il proletariato mondiale, che guarda al partito russo come a un faro, lo mette in guardia dallo smarrire la via rivoluzionaria. Ripete ai dirigenti politici sovietici le accuse contenute nel documento che nel '26 aveva mandato a Togliatti perché lo leggesse al Comitato Centrale russo; cosa che Togliatti non fece è che fu il primo motivo di dissidio tra i due ex ordinovisti. In un altro momento discute animatamente con Bucharin, che si è materializzato fuori dalla sua cella, sul concetto di materialismo storico. Nel suo manuale sul Comunismo, Bucharin ne ha dato, secondo Gramsci, un'interpretazione troppo superficiale e meccanicista. Ognuno di loro rimane sulle proprie posizioni. Solo alla fine Bucharin, ormai caduto in disgrazia, tornerà a trovarlo nella sua stanza, per affidargli il suo testamento politico. Intanto Gramsci ha finalmente ottenuto di poter avere in cella carta e penna per iniziare la sua opera fur ewig. Legge, studia, traduce, riempi quaderni di analisi politiche e di riflessioni filosofiche. Ci. che più gli preme è partire dall'uomo. Che cosa è l'uomo? E questa la domanda prima e principale della filosofia, Ma a noi non interessa che cosa è ogni singolo uomo... ...che cosa l'uomo può diventare, se cioè l'uomo può dominare il proprio destino, può farsi, può crearsi una vita. Il rapporto con la cognata Tatiana lo aiuta a non sentirsi del tutto abbandonato. Si scrivono spessissimo, lei lo viene anche a trovare in carcere, lo rifornisce di tutto quello di cui ha bisogno. A volte è troppo zelante e prende iniziative senza il suo consenso e lui la rimprovera aspramente, forse in modo eccessivo. Ma la vita carceraria lo sta mettendo a dura prova sia fisicamente, che psicologicamente. Soffre d'insonnia, di uricemia, di disturbi viscerali, di ipertensione e i nervi cedono spesso in accessi d'ira. Sente la mancanza della moglie Giulia e dei figli, Delio e Giuliano. Lei gli scrive raramente e non manda sufficienti notizie dei figli, facendogli sentire ancora più duro l'isolamento in cui è costretto a vivere. Le poche righe che la donna gli manda sembrano fredde, convenzionali, quasi un compito svolto per obbligo. Quando lei nella messa in scena si materializza nel letto della cella, accanto a lui, i gesti d'affetto sono trattenuti. Prevale la nostalgia della tenerezza passata e la pena per l'incomprensione presente. Anche saperla malata non riesce a consolarlo e contribuisce a aggravare il suo isolamento, facendoglielo sentire più amaramente. La rimprovera: Non riesco a immaginare nulla della tua vita. Certo che non riesco a dimenticare la Iulca (Giulia) di un tempo: ma non riesco neppure a immaginarla la Iulca di oggi. Anche lei in qualche modo è tra coloro che hanno contribuito a questa sua condizione di doppia carcerazione. In una lettera drammatica in cui dichiara di sentirsi scorticato vivo, dichiara: Sono stato condannato il 4 giugno 1928 dal Tribunale Speciale, cioè un collegio di uomini determinato. Ma chi mi ha condannato è un organismo molto più vasto, di cui il Tribunale non è stato che l'indicazione esterna e materiale, che ha compilato l'atto legale di condanna. Devo dire che tra questi condannatori c'è stata anche Iulca. E entrato in una fase della sua vita che egli stesso definisce catastrofica e è consapevole che difficilmente uscirà vivo dal carcere. Non riesce più a fare nulla, non ha più voglia neppure di vedere Tatiana. Il vivere gli riesce gravoso. Una emorragia cerebrale aggrava le sue già precarie condizioni. Viene ordinato il suo ricovero in una clinica. Le ultime ore all'interno del carcere sono raccontate da un giovane operaio, Gustavo Trombetti, che gli viene messo in cella perché Gramsci ha bisogno di assistenza giorno e notte. E lui che lo accompagna al magazzino del carcere e nasconde i preziosi quaderni dentro un baule, in mezzo a altra roba, per evitare che vengano requisiti. Poi rimane con lui fino all'alba, perché nessuno dei due riesce a dormire. Cos. racconta il Trombetti: Verso le sei del mattino, quando fuori era ancora buio pesto, Antonio scucì. dal cappotto di carcerato la matricola che aveva portato per cinque anni e me la lasci. come suo ricordo. Lo fecero montare su di una carrozza (una giardiniera), gli misi accanto la sua valigia, ci abbracciammo e la carrozza part. inghiottita dall'oscurità. Piansi come da tempo non avevo pianto.

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